Il raid di Arnad e il pestaggio: “La mia casa svaligiata, alla fine sarò l’unica vittima”

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Sono un cittadino di Arnad, abito in una delle case in cui venerdì sera i ladri sono entrati. In casa con me vivono mia moglie e i miei due bambini piccoli. Per fortuna, in quel momento non eravamo presenti. Quello che ci è stato portato via non sono solo “oggetti”: erano ore di lavoro, sacrifici, progetti realizzati passo dopo passo. Oggi, sotto Natale, il “regalo” che ci resta è una finestra rotta, una casa violata, la paura che ti entra dentro e la consapevolezza che, per un po’, non sarà più come prima.

Ho un sistema di allarme, la segnalazione è partita, ma i miei genitori non erano nelle vicinanze e le forze dell’ordine sono arrivate una decina di minuti dopo: il tempo sufficiente perché i ladri scappassero. Questo non è un rimprovero personale ai carabinieri che sono intervenuti, ma il dato di fatto di un territorio in cui i tempi di reazione non sono adeguati alla pressione dei furti che subiamo da mesi.

Leggendo i vostri articoli si ha però l’impressione che faccia più notizia la rabbia del paese e l’aggressione subita dal ladro che non l’ennesimo furto in abitazione e il clima di insicurezza che stiamo vivendo. È giusto condannare in modo netto le aggressioni e la “giustizia fai da te”: su questo, personalmente, non ho dubbi. Ma se ci si limita a ripetere «no alle ronde», «non fatevi giustizia da soli», senza andare a fondo delle cause che portano una comunità intera a scendere in strada, allora si perde un pezzo importante del quadro.

Insicuri nelle nostre stesse case

Ad Arnad non siamo cittadini giustizialisti, siamo cittadini esasperati: da mesi subiamo effrazioni, ci sentiamo insicuri nelle nostre stesse case, e abbiamo la percezione che, tra telecamere che «servono solo dopo» e pattuglie numericamente insufficienti, il rischio concreto lo corriamo solo noi. Nel mio caso specifico, se non fosse stato per la popolazione che si è mobilitata, almeno uno dei malviventi non sarebbe stato individuato e fermato. Questo andrebbe riconosciuto con la stessa chiarezza con cui si condanna la violenza: i cittadini non sono solo un problema da tenere a bada, sono anche una risorsa.

Si parla di termocamere, di inseguimenti, del fatto che i ladri sono stati «circondati»: ma quante erano le forze dell’ordine e quanti i cittadini? In un comune con quattro strade di accesso principali, è davvero impossibile organizzare – in modo lecito e coordinato – forme di supporto strutturato della popolazione, che aiutino a bloccare le vie di fuga e a guadagnare minuti preziosi? Possibile che l’unico messaggio pubblico sia «state a casa, chiamate il 112 e aspettate»?

Ladro incensurato, io unica vittima

C’è poi un altro aspetto che nei vostri articoli passa quasi sotto silenzio: leggendo le cronache, si apprende che il ladro fermato sarebbe incensurato. Temo, molto concretamente, che questo significhi pochi giorni di detenzione, una rapida scarcerazione, e nessun obbligo reale a collaborare per indicare i complici o recuperare il resto della refurtiva. Tradotto: io resto l’unica vittima, con la casa a soqquadro, i ricordi rubati e la paura addosso; lui rischia di cavarsela con poco, senza dover dire chi lo aiutava e dove sono finiti i nostri beni.

L’attesa inerme non funziona

Capisco e condivido l’appello delle autorità contro la violenza, ma non basta più ripetere che «i controlli saranno intensificati» o che «non si sottovaluta il fenomeno». Servono risposte immediate e concrete: più mezzi, più strumenti tecnologici realmente operativi sul territorio, più trasparenza sui limiti attuali, e soprattutto un coinvolgimento organizzato e lecito della popolazione, che oggi viene vista solo come potenziale problema e non come parte della soluzione. L’attesa inerme non funziona: quando la legge non riesce a proteggere in modo percepibile chi subisce i reati, le persone – piaccia o no – si organizzano da sole. Se vogliamo evitare che episodi come quello descritto nel vostro articolo si ripetano, non basta stigmatizzarli: bisogna dare a comunità come Arnad gli strumenti per sentirsi davvero protette, prima che la rabbia prenda il sopravvento.

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