Leo Gassmann: “Io sul set libero di essere carogna”

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«Recitare è aggiungere un altro pezzo al mosaico della mia personalità. Mi permette di esprimere concetti che attraverso le canzoni non potrei comunicare. Nei film posso essere più pessimista, pure una carogna, la magia del cinema è rappresentare grazie a una maschera una parte delle proprie emozioni, magari quella meno in vista». Romano, figlio e nipote d’arte, classe 1998, Leo Gassmann ha iniziato con la musica, ma era facile immaginare che con quel viso d’angelo e quella certa grazia innata, sarebbe finito sullo schermo: «Mi piace costruire personaggi trasformando il modo di muovermi e parlare. E poi, a differenza di quello che si può pensare, il mestiere dell’attore è meritocratico».

In che modo?
«Devi sempre fare provini in cui devi risultare più adatto di altri. È una lotta che mi affascina. I nepotismi non esistono, non credo proprio che registi e produttori accetterebbero il rischio di ingaggiare attori non bravi solo per il cognome. Scegliere un interprete è un investimento, se vieni selezionato quasi sempre te lo meriti».

leo Gassmann con Claudia Gerini e Claudio Amendola in “Fuori la verità”

 

Vuol dire che chiamarsi Gassmann non ha avuto peso?
«Non ho mai avvertito il peso del cognome, e nemmeno dei pregiudizi che comporta. Ognuno nella vita si ritrova davanti degli ostacoli, ma accade a tutti, non solo ai figli d’arte. Superare prove fa parte del normale percorso esistenziale, non deve spingerci ad aver paura di essere quello che vogliamo. Anzi, gli impedimenti possono essere un motore che amplifica i sogni e ti dà la forza di migliorarti ogni giorno».

In Fuori la verità di Davide Minnella (da domani in sala) interpreta un ragazzo nel girone infernale della tv spazzatura. Cosa pensa di quella tv?
«Non mi è mai capitato di essere ospite di trasmissioni in cui mi sono sentito disumanizzato. In tv, però, ci sono un sacco di appuntamenti di quel tipo, sessisti, basati sul prendersi gioco delle persone… il film fa riflettere sulle dinamiche che si scatenano, sia davanti che dietro le telecamere».

Nel film il rapporto con il padre (Claudio Amendola) è cruciale. Quanto conta il rapporto padri-figli e com’è quello con suo padre Alessandro?
«È molto importante il dialogo, le famiglie dovrebbero essere posti dove sentirsi sicuri. Con papà ho scambi bellissimi di idee, pensieri. Abbiamo caratteri diversi, ma valori molto simili. Non ci vediamo tantissimo, perché lui lavora tanto e pure io, però, quando succede, sono felice. È mio papà, gli voglio un bene dell’anima, lo stimo tantissimo, parlare con lui mi piace, mi fa crescere».


“Fuori la verità” di Danilo Minnella, con Leo Gassmann, Claudia Gerini e Claudio Amendola

 

Suo padre dice spesso che, per la sua età, lei prende la vita troppo sul serio. È così?
«Sì, in effetti papà mi suggerisce sempre di prendere le cose con più leggerezza, prò la verità è che io ho preso da lui. Siamo due persone che non si risparmiano, cercano di essere ogni giorno migliori. È un po’ una sfida personale. La passione nella ricerca di me stesso l’ho presa da lui, papà è un grande lavoratore, un grande cittadino, un grande papà».

Il difetto che si riconosce?
«Non mi piace perdere, quando le cose non vanno come vorrei, me la prendo parecchio. È successo tante volte e continuerà a succedere, fa parte della vita, però sì, sono un sognatore, penso sempre in grande, lancio la freccia e spero che arrivi il più lontano possibile».

Primo Maggio, Leo Gassmann canta e suona “Bella Ciao” all’inizio del Concertone

Suo padre le dà consigli?
«Non parliamo tanto di lavoro, come attori abbiamo modi differenti di rapportarci al mestiere, ognuno ha la sua tecnica. Da piccolo l’ho osservato tanto, lo faccio tuttora, quando vado a trovarlo sui set, però quando stiamo insieme parliamo d’altro, di vita, famiglia, politica, cambiamento climatico».


Leo e Alessandro Gassmann 

L’impressione è che non ci sia molta comprensione tra generazioni. Secondo lei perché?
«Noi abbiamo un orizzonte più ampio, essere cresciuti in un’epoca di informazione molto veloce, i telefonini che ti fanno sapere sempre tutto, qualsiasi tipo di musica da ascoltare in tanti modi, i libri su Internet… questo, secondo me, ha creato un gap forte. Anche se poi ha pure accorciato le distanze, prima i genitori sapevano tutto e bisognava solo ascoltarli, ora c’è più dialogo, più scambio. Qualcosa che permette di trovare soluzioni insieme».

Lei è ottimista?
«Non tantissimo, però rispetto a quello che sento dire dagli adulti, sicuramente lo sono. Mi pare che stiano succedendo cose orribili nel mondo, le guerre, a Gaza, in Ucraina e in tanti altri posti, il patriarcato ancora tanto presente, la questione ecologica… tutte battaglie da combattere, ma, alla fine del tunnel, mi piace pensare che la luce ci sia».

Il lavoro è al primo posto nella sua vita?
«No, al primo posto ci sono gli amici, la famiglia, i rapporti umani. Cinema e musica sono una parte, ma non sono tutto, ho la capacità di distaccarmi e vivere una vita normale, da ragazzo di 26 anni. I miei genitori e mi hanno insegnato che la vita reale è altro».

Cos’ha in programma ora?
«Sto producendo il nuovo disco, poi parto per la tournée dello spettacolo con mia mamma, è una commedia, Ubi maior: siamo sul palco io e lei, una bella parentesi. Poi sarò in una serie , L’invisibile, su Matteo Messina Denaro».

C’è un personaggio che le piacerebbe interpretare?
«Sì, uno sportivo. Edoardo Bennato mi dice sempre che dovrei fare Maradona, oppure lui, ho dei dubbi… E poi mi piacerebbe tantissimo interpretare un cattivo… Dicevano tutti che non sarei mai stato capace di diventare Califano e invece è andata bene».

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