TORINO. E’ morto a 90 anni Franco Reviglio, economista, dirigente pubblico e politico socialista, più volte ministro della Repubblica e per anni presidente e amministratore delegato dell’Eni. Professore di Scienza delle finanze all’Università di Torino, è stato una delle figure più autorevoli della cultura economica italiana, capace di coniugare rigore accademico e impegno civile.
Nato a Torino nel 1935, discendente della famiglia dei conti di Lezzuolo e della Veneria, si è laureato in giurisprudenza e ha intrapreso la carriera universitaria fino a diventare ordinario nel 1971. Dopo un periodo al Fondo monetario internazionale a Washington, entra nelle istituzioni italiane come consulente del Ministero del Bilancio e membro delle commissioni per la riforma tributaria e la programmazione economica.
È ministro delle Finanze nei governi Cossiga e Forlani, tra il 1979 e il 1981, e in quell’incarico si guadagna la fama di riformatore intransigente. A lui si devono l’introduzione dei registratori di cassa, della ricevuta fiscale e del “libro rosso” degli evasori: misure che segnano l’avvio di una nuova stagione nella lotta all’evasione e che gli valgono il soprannome di “padre dello scontrino”. Nel “Libro bianco” del 1981 propone, come ipotesi di riforma, una tassa comunale sugli immobili che anticipa l’Ici.
Dal 1983 al 1989 guida l’Eni, che sotto la sua presidenza viene profondamente riorganizzata e riportata alla crescita. Promuove la razionalizzazione delle partecipate improduttive e fonda la Fondazione Mattei e l’Archivio storico dell’Eni, segni della sua attenzione alla ricerca e alla memoria industriale.
Torna al governo nel 1992 come ministro del Bilancio e per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno nel governo Amato, in una delle fasi più delicate dell’economia italiana. È senatore, amministratore di aziende pubbliche e private – da Finmeccanica ad Aem Torino – e senior advisor di gruppi internazionali come Lehman Brothers.
Editorialista per La Stampa, Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera e Il Messaggero, firma numerosi saggi sulla spesa pubblica e sulle politiche fiscali, da Le chiavi del 2000 a Goodbye Keynes?. Attorno a lui si forma una generazione di giovani economisti – Tremonti, Siniscalco, Bernabè, Baldassarri – i cosiddetti “Reviglio boys”, cresciuti nella sua scuola liberalsocialista.
Per tutta la vita, Reviglio ha credito in uno Stato più equo e più efficiente. «Ridurre l’evasione e riformare la spesa pubblica – scriveva – è l’unico modo per restare in Europa».
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