«I nitazeni hanno una potenza 25 volte superiore al fentanyl». La prima vittima italiana per overdose da nitazeni, un oppioide sintetico potentissimo, è un segnale d’allarme per le nuove droghe sintetiche. A farne le spese è stato un trentenne di Brunico, in Alto Adige, come ha accertato la procura di Bolzano dopo aver arrestato lo spacciatore. Jennifer Paola Pascali, docente di Medicina legale all’Università di Bologna, dove tiene anche un corso su dipendenze e devianza, spiega caratteristiche e pericolosità della sostanza.
Che cosa sono i nitazeni? Era una sostanza già nota prima del caso di Bolzano?
«La molecola rilevata nel sangue della persona deceduta e su alcuni reperti raccolti nel contesto del caso è risultata essere la protonitazepina. Questa sostanza è stata segnalata per la prima volta nel luglio 2023 in Slovenia ed è stata successivamente identificata in altri nove Paesi appartenenti alla rete europea di allerta rapida sulle nuove sostanze psicoattive, tra cui anche l’Italia».
Qual è la sua pericolosità?
«La protonitazepina, come gli altri composti appartenenti alla classe dei nitazeni, agisce sugli stessi recettori della morfina e del fentanyl. Gli studi in vitro indicano che possiede una potenza circa 25 volte superiore a quella del fentanyl, che già di per sé è molto più potente della morfina. Gli effetti sono analoghi a quelli del fentanyl e degli altri analgesici oppioidi: provoca rilassamento ed euforia, mentre a dosi più elevate può indurre sedazione profonda, intossicazione e depressione respiratoria. In caso di sovradosaggio, la depressione respiratoria può evolvere in arresto respiratorio e risultare potenzialmente letale. Negli episodi di overdose che coinvolgono i nitazeni, può essere necessario somministrare dosi di naloxone più elevate rispetto a quelle normalmente utilizzate per contrastare un’overdose da eroina».
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Gli oppioidi sintetici rischiano di diffondersi anche in Italia?
«Si, per questo motivo è necessario monitorare a livello capillare il mercato delle sostanze illecite. Su questo punto, le Tossicologie forensi italiane sono attive come centri collaborativi del Sistema nazionale di allerta precoce per le droghe. Questo “sistema di allerta rapida”, coordinato dal Dipartimento per le politiche antidroga in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, include una rete di laboratori di polizia scientifica, tossicologie clinico-forensi, centri antiveleni e altre strutture scientifiche e sanitarie distribuite sul territorio nazionale. Lo scopo principale è identificare tempestivamente nuove sostanze psicoattive e fenomeni pericolosi correlati all’uso di droghe, allo scopo di attivare misure di risposta rapide ed efficaci».
Negli Usa il fentanyl è dilagato perché prescritto da medici, esistono rischi analoghi anche da noi, magari con altre sostanze prescritte come antidolorifici?
«Attualmente la protonitazepina non ha alcun uso terapeutico noto, né ha ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio. Sussistono invece prove sufficienti del fatto che sia o possa essere oggetto di abuso e che possa costituire un problema di salute pubblica e sociale, il che ne giustifica l’assoggettamento al controllo internazionale. La protonitazepina è inclusa nella tabella I del DPR 309/90 (quella che elenca le sostanze stupefacenti e psicotrope, ndr)».
Siamo preparati a gestire le dipendenze legate alle nuove sostanze? C’è bisogno di fare una formazione specifica rivolta a medici, servizi dipendenze e ragazzi nelle scuole?
«Trattare con le nuove sostanze psicoattive (NSP) presenta numerose difficoltà, che si riflettono anche nella gestione delle dipendenze ad esse correlate. Prima di tutto, la loro natura chimica è spesso complessa e in continua evoluzione: nuove molecole vengono sintetizzate continuamente, molte delle quali non sono immediatamente riconoscibili con i metodi analitici standard tradizionali. Questo rende difficile sia la diagnosi di laboratorio sia il riconoscimento clinico. Inoltre, dal punto di vista clinico, i sintomi provocati da queste sostanze possono essere molto variabili e spesso sovrapponibili a quelli causati da altre droghe o condizioni mediche, complicando la diagnosi basata solo sull’osservazione del paziente. La mancanza di un quadro clinico ben definito e la scarsità di dati epidemiologici aggiornati rendono ancora più complesso l’approccio terapeutico. Per rispondere efficacemente alle dipendenze correlate alle NSP è essenziale una formazione specifica e continua rivolta a medici, operatori dei Servizi per le dipendenze patologiche e a operatori sanitari in generale. Inoltre, è fondamentale estendere la formazione e l’informazione anche ai giovani nelle scuole, per aumentare la consapevolezza e la prevenzione».
Che probabilità ci sono che farmaci utilizzabili come droghe siano disponibili fra i ragazzi, perché le trovano fra le medicine dei genitori a casa? Questo problema è stato riscontrato?
«La probabilità che farmaci utilizzabili come droghe siano reperibili fra i ragazzi tramite le medicine dei genitori a casa esiste, ma oggi questo non rappresenta la principale fonte di approvvigionamento: sebbene alcune sostanze possano essere trovate in ambiente domestico, il problema più rilevante e crescente è legato alla disponibilità molto più semplice e capillare di queste sostanze sul dark web. Qui i ragazzi possono acquistare droghe e farmaci senza difficoltà e riceverli comodamente tramite posta, con un alto livello di anonimato. Questo fenomeno ha ampliato significativamente la diffusione e l’accesso ai farmaci e alle sostanze stupefacenti, rendendo più difficile il controllo e la prevenzione tradizionale basata solo sull’ambiente familiare. La disponibilità sul dark web rappresenta oggi la principale fonte di rischio per i giovani rispetto al semplice ritrovamento di farmaci in casa».
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