Flores d’Arcais: “La schizofrenia della sinistra che manifesta per Gaza ma non per l’Ucraina”

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Paolo Flores d’Arcais, filosofo, ideatore e animatore oltre vent’anni fa del movimento dei Girotondi insieme a Nanni Moretti e Pancho Pardi, ha denunciato sulla rivista di cui è stato fondatore e per molti anni direttore, MicroMega, quella che definisce una «catastrofe etica» della sinistra. Perché le piazze si sono riempite contro il massacro a Gaza, «prova che l’Italia della società civile non è totalmente una morta gora in cui domina l’indifferenza», ma non per l’Ucraina: «Provo una profonda amarezza, perché queste persone non sono scese né scenderanno mai in piazza per il popolo ucraino oppresso e invaso».

Non sentono lo stesso trasporto per la causa ucraina?
«E non me lo spiego: per un democratico, tanto più un democratico progressista, schierarsi contro la violenza imperiale di Putin che vuole cancellare l’Ucraina dovrebbe essere automatico».

Perché non lo è?
«Forse la prima ragione è che le centinaia di migliaia di persone scese in piazza per Gaza erano animate anche dalla rabbia accumulata contro governi reazionari come quello italiano, che con politiche devastanti rendono i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri e la classe media sempre più tendente alla povertà. Quelle piazze erano anche, giustamente, contro il governo Meloni».

Mentre scendere in piazza contro l’Ucraina non avrebbe la stessa valenza.
«Ma si sarebbe dovuto e potuto scendere in piazza, già tre anni fa, contro i governi occidentali che non hanno dato abbastanza armi agli ucraini per cacciare Putin: questa sarebbe stata una posizione coerente con i valori della sinistra».

La sinistra pacifista però chiede il contrario: basta armi all’Ucraina.
«Questo significa che anche nella società civile che si risveglia permane una vera a propria schizofrenia rispetto ai valori di giustizia e libertà che per un verso la anima».

Lei però ha parlato anche di un’altra ragione per cui c’è un atteggiamento diverso verso Gaza rispetto all’Ucraina.
«C’è una ragione ancora più profonda, che riguarda soprattutto la parte più organizzata e politicizzata di questi cortei. Ed è l’idea che il male è l’Occidente, la società occidentale portatrice del colonialismo, dello sfruttamento, di un mondo pieno di ingiustizie. Il che è vero: ma questo è solo un lato dell’Occidente, il suo lato oscuro».

Si empatizza di più con Gaza perché la si ritiene vittima dell’Occidente?
«Ma l’Occidente è conflitto: bisogna scegliere con quale Occidente stare. L’Occidente nasce dalle grandi rivoluzioni democratiche, quella francese, quella americana. Non esiste una identità occidentale. E se si perde l’idea che la responsabilità è individuale, si perde l’ABC nemmeno della democrazia, ma di ciò che la prepara. Si torna a un sistema tribale».

Per questo lei ha parlato di «catastrofe etica»?
«Sì, o si può parlare di schizofrenia rispetto ai valori della sinistra. Fino a che l’indignazione contro l’oppressione vale solo per Gaza, e non per l’Ucraina, non si potrà produrre un futuro diverso dal presente che stiamo vivendo con Giorgia Meloni».

Meloni sulle armi all’Ucraina ha tenuto il punto nonostante la contrarietà di una parte della maggioranza.
«Il paradosso e la colpa di chi non sa essere coerente con i valori della sinistra è che ha regalato alle forze reazionarie questa difesa. Sarà Trump forse, speriamo, a dare i missili Tomahawk a Zelensky, così come è il presidente americano che ha imposto la tregua a Gaza. Se manca coerenza a sinistra, tutto viene portato in dono alle forze reazionarie, che si muovono dentro logiche di puro opportunismo».

Lei denuncia questo doppio atteggiamento tra Gaza e Kiev nell’opinione pubblica: pensa che anche la sinistra istituzionale, quella rappresentata in Parlamento, la pensi più o meno allo stesso modo?
«Ho smesso di chiamare sinistra quella istituzionale da molto tempo. La sinistra è la forza organizzata che diminuisce ogni giorno, al governo o con la lotta d’opposizione, le diseguaglianze: non la vedo da tempo».

Intendo i partiti che rappresentano il centrosinistra italiano in Parlamento.
«Alcuni esponenti la pensano come quella piazza, altri no. Ma devo dirle che a me interessa capire se quel milione di persone sceso a manifestare possa essere una speranza per domani, il punto di partenza di una forza organizzata autenticamente di sinistra».

E la risposta che si è dato?
«Purtroppo no, non rappresenta questa speranza».

E’ molto pessimista.
«Guardo la realtà cercando di non scambiare illusioni per speranze. Finché non ci saranno in massa cittadini che scenderanno in piazza per Kiev come per Gaza, che sentiranno anche Kiev come loro patria, il futuro resterà appaltato al pessimo governo Meloni».

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