I Maestri ai raggi x: Alcaraz in ripresa, Djokovic inossidabile e Jannik favorito

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Sono Maestri, va bene. Ma l’anno scolastico 2025 è stato duro anche per loro. Tanto che ha avuto bisogno di un supplemento di esami, un paio di prove pratiche ad Atene e Metz, per definire tutti i posti della classe che si affronterà da domenica alla Inalpi Arena.

E’ importante quindi capire in che forma, con quante energie e quali acciacchi – inevitabili o quasi a fine stagione – i protagonisti delle quinte Atp Finals made in Torino arrivano all’appuntamento.

Partiamo dalla prima aula… pardon, dal primo gruppo, quello intitolato a Jimmy Connors (scelta bizzarra, visto che Jimbo, grandissimo campione, non è mai stato socio dell’Atp: ma questa è un’altra storia). Lo capeggia Carlos Alcaraz, che dal successo a Tokyo in poi non è certo apparso al massimo. Dopo il trionfo a New York e la parentesi in Laver Cup, quello giapponese è stato il suo ultimo successo. Poi sono arrivate la sconfitta contro Sinner nella esibizione saudita Six Kings Slam (che ha valore soprattutto per il portafogli), il forfait nel Masters 1000 di Shanghai – infortunio alla caviglia e stanchezza generale – e lo scivolone al secondo turno di Parigi indoor contro Cameron Norrie, a riprova di una condizione (anche mentale) tutta da ritrovare. Il Nino sostiene di essersi ripreso, ma sul veloce indoor, la superficie che ama di meno, certe magagne potrebbero riaffiorare.

Insieme a lui il girone Connors conta il Più Vincente tennista della storia, Novak Djokovic, che però ha 38 anni e inizia, ahilui, a sentirli. Nel 2025 ha giocato 13 tornei, ma si è concentrato quasi solo sugli Slam. Ha saltato Parigi proprio per conservare energie, ammettendo di non avere più la resistenza di un tempo, poi si è iscritto ad Atene per onorare il torneo (ex Belgrado) di proprietà della sua famiglia e la sua nuova città di adozione. In campo, è vero, Nole la spunta sempre più a fatica, anche al meglio dei due set, ma guai a a darlo per finito, specie indoor. Sempre ammesso che a Torino scelga di venire: «deciderò dopo Atene», ha spiegato sibillino l’ex n.1 – di Finals del resto ne ha vinte 7, più di tutti nella storia, – con il pensiero già rivolto alla prossima stagione, che tutta probabilità sarà la sua ultima.

Taylor Fritz, che ha raggiunto il suo best ranking di n.4 del mondo, dopo la finale persa a Tokyo contro Alcaraz ha giocato sempre, ma passando al massimo due turni. Fisicamente non ha accusato problemi, e i campi veloci gli piacciono, ha però l’aria dell’eterno rassegnato, e va capito se mentalmente sarà in grado di affrontare un torneo breve ma feroce come le Finals.

L’ultimo del gruppo è lo stakanovista Alex De Minaur (23 tornei, più due turni di Coppa Davis), uno dei tennisti con miglior rendimento medio e di più solida tenuta mentale. Ad allarmarlo però nelle ultime settimane è stato un problema (ricorrente) all’anca che ha messo in dubbio anche la sua partecipazione alle Finals: «Spero di non dover finire in anticipo la stagione, devo essere sicuro che giocare non comprometta la programmazione futura». In campo a Torino dovrebbe esserci, anche lui con un punto interrogativo.

Passiamo al gruppo Bjorn Borg, guidato da Jannik Sinner. La Volpe fra estate e autunno ha tribolato fisicamente nella giungla tropicale di Cincinnati – dove in finale per un virus si è dovuto arrendere appena dopo 5 game contro Alcaraz – e a Shanghai, con un secondo ritiro, stavolta per crampi, che peraltro si sono riaffacciati brevemente anche a Parigi. Il caldo umido e le condizioni estreme lo stressano più di altri, ma il suo ruolino delle ultime settimane, con il successo back-to-back in Austria e in Francia, la dice lunga sulla sua superiorità. Due giorni di vacanza e cinque giorni di allenamenti e svaghi assortiti torinesi ce lo restituiranno probabilmente al meglio.

Dellla sua «classe di ferro» fanno parte anche Sascha Zverev, Ben Shelton e uno fra Lorenzo Musetti e felix Auger-Aliassime.

Shelton, che a New York si era dovuto fermare fra le lacrime nei quarti per un infortunio alla spalla, è rientrato a Shanghai, si è rodato a Basilea, e a Parigi, nonostante la netta sconfitta contro Sinner, è apparso in palla, uno dei più tennisti ‘caldi’ di questo finale di stagione. Zverev, invece, qualche preoccupazione l’ha creata con la sua prestazione sotto standard – fisico prima che tecnico – nella semifinale di Parigi. Anche a Vienna aveva perso contro Sinner, ma lottando alla grande per tre set; in Francia invece ha rimediato appena un game ed è apparso svuotato, senza benzina nel serbatoio. In campo si è fatto visitare e ha verificato più volte la glicemia: soffre infatti di diabete e a volte è costretto a iniettarsi una dose di insulina in campo. Questa settimana si è sottoposto ad altri esami in Germania: la speranza è che i giorni di pausa gli abbiamo consentito un pieno recupero, visto che prima del tracollo parigino era sembrato in grande spolvero, pronto a lanciare la sfida ai due grandi rivali Sinner e Alcaraz.

Infine, l’ultimo posto, ancora in bilico fra Lorenzo Musetti e Felix Auger-Aliassime.

Il Muso ha perso un paio di occasioni d’oro per mettere in cassaforte la qualificazione fra Bruxelles e Parigi, con due sconfitte ‘impreviste’ contro Mpetshi-Perricard e l’amico Sonego (e prima ancora nello scontro diretto con Aliassime a Shanghai), mostrando di patire la tensione per un obiettivo che insegue da inizio stagione. Fisicamente e tecnicamente, però, è in forma più che buona e ad Atene potrebbe finalmente togliersi la scimmia dalla spalla.

Il suo avversario canadese, infine, dagli Us Open in poi, come spesso gli capita ha giocato alla grande: semifinali a New York, quarti a Shanghai, vittoria a Bruxelles, finale a Parigi. Si è però ritirato a Basilea e ha rinunciato all’ultima spiaggia di Metz – lasciando di fatto nelle mani di Musetti l’esito del loro testa a testa – perché è tornato a sentire un fastidio alla schiena, e come De Minaur ha preferito non rischiare. A Torino insomma vincerà il migliore tennista del mondo. Ma anche il campione meno… acciaccato.

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