Il sommelier delle arance: “Giro le stazioni dei treni per recensire le spremute”

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Se c’è una cosa che Stefano non sopporta sono le spremute troppo liquide, troppo dolci e magari servite pure senza piattino e cucchiaino per mescolarle: «Allora sono un succo, non una spremuta!», sbotta. Stefano Furlani ha 29 anni, fa l’educatore sociale a Bolzano e due anni fa ha avuto un’idea originale: quella di recensire su Instagram e Tik Tok le spremute d’arancia servite nei bar delle stazioni ferroviarie di tutta Italia.

Un sommelier sui generis, nato per caso: «Per via della mia passione per il teatro – racconta – passo molto tempo in stazione fra Bolzano, Bressanone e Trento, dove sono nato. Anche per l’altro mio hobby, il calcio, viaggio molto in treno. Da anni, poi, ho l’abitudine di annotare su un bloc-notes pensieri e aneddoti sul microcosmo delle stazioni, che mi hanno sempre incuriosito per essere un luogo di passaggio: il primo posto che vedi quando arrivi in una città e anche l’ultimo quando te ne vai».

Un’idea nata per gioco

Le recensioni delle spremute sono state una conseguenza del pendolarismo ferroviario di Furlani: «Già dal 2019 mi divertivo a scriverle seduto sulle panchine dei binario, così, per passare il tempo mentre aspettavo le coincidenze. Due anni fa ne ho parlato ai miei amici durante una grigliata in giardino, e mi hanno convinto ad aprire una pagina Instagram».

Dopo Instagram è arrivato Tik Tok, e ora la pagina “Una spremuta grazie” ha oltre cinquemila follower, cresciuti solo grazie al passaparola. A oggi ha già valutato un centinaio di bar ferroviari in tutta Italia, su un totale di circa 2200 stazioni: «Se si tolgono quelle senza bar e quelli che non servono spremute, il numero si riduce a non più di 120/130 – spiega Stefano –. Per dire: in Calabria ho girato tutte le stazioni FS, e solo in cinque o sei i bar avevano arance. A oggi mi mancano da battere ancora quattro regioni: Valle d’Aosta, Basilicata, Sicilia e Sardegna, per un totale di una ventina di bar. Dopo di che mi piacerebbe scrivere una guida agrumo-gastronomica».

Le qualità di una spremuta doc

Come per tutte le degustazioni che si rispettano, anche l’assaggio di una spremuta ha i suoi criteri, a prescindere dalla varietà dell’agrume: «Io ho una predilezione per le arance rosse – ammette Furlani –, ma tutte le varietà vanno bene: Tarocco, Navel, Valencia… Ciò che valuto sono principalmente quattro caratteristiche: non l’odore ma il sapore, che dev’essere acidulo ma non amaro; densità, non troppo annacquata e in cui sia presente un po’ di polpa o “grumetti”; guarnizione, perché un bicchiere senza sostegno e cucchiaino non si può vedere; e infine location, perché anche l’abito fa la spremuta. Personalmente adoro i locali di provincia, vissuti e un po’ decadenti. Alla “Bar Sport” di Stefano Benni, per intenderci. Alla stazione di Gioia Tauro ho visto gente che si portava sedie e tavolini da campeggio da casa, perché non ce n’erano abbastanza per tutti».

Guai ad aggiungere ghiaccio o, peggio, zucchero alla bevanda agrumata: «Si altererebbe il sapore». E mai servirla in un bicchiere di plastica: «Come vino e liquori, anche la spremuta necessita di un contenitore adatto, possibilmente un po’ allargato in alto per agevolare il mescolamento». Il prezzo corretto? «3.50 euro».

La migliore e la peggiore

La miglior spremuta Stefano Furlani l’ha gustata alla stazione FS di Genova Nervi: «Rossa, aspra, densa, servita in un tumbler basso, con le arance raccolte al momento dall’albero sul retro del bar. Una delizia». La peggiore l’ha provata a Pisa, al bar di una paninoteca multinazionale: «Liquida, di colore giallo-fluo, servita senza cucchiaino e per di più nel loro classico bicchiere di plastica col coperchio».


I video social di Stefano sono artigianali e un po’ naif, e anche questo è il bello: «Pur non avendo ancora trent’anni, sono un boomer tecnologico. Ma non m’interessa fare video tecnicamente perfetti: per me rimane un gioco. Tra l’altro essendo timido e anche molto pigro, questa idea delle recensioni agrumate mi costringe a uscire dalla mia comfort zone».

Ogni tanto, partendo dalle recensioni, Stefano sulla pagina “Una spremuta grazie” racconta anche altro: «Diciamo che Instagram e Tik Tok sono come una mia prolunga. D’altronde non posso vivere e nutrirmi solo di arance. Ormai a Trento e Bolzano se la mattina chiedo un cappuccino e brioche i baristi si preoccupano», ride.

Ora che in zona è diventato noto, a volte capita che venga riconosciuto per strada («Una cosa che mi imbarazza moltissimo»). Soprattutto succede che qualche barista lo inviti ad andare a recensire la sua spremuta, ma lui declina: «Per ora voglio limitarmi ai bar delle stazioni, e scrivere il libro. Poi magari in futuro chissà».

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