«Sono più di cinque anni che lavoro su questo progetto: in Italia se si è giovani ci vuole tanto tempo per trovare una persona che innanzi tutto ti ascolti e poi creda nella tua idea, anche e soprattutto se sei figlio d’arte». Alla fine Filippo Laganà, 31 anni, ci è riuscito a portare sullo schermo il suo Minimarket, comedy show dal 26 dicembre su RaiPlay, di cui è ideatore, autore, protagonista e produttore: «Me la canto e me la suono!».
L’intervista corre sul filo della battuta e non potrebbe essere altrimenti, dato il dna umoristico ereditato da papà Rodolfo: «Ridere è fondamentale a casa nostra, sdrammatizzare ci ha sempre salvato». Scherza confidando che è stato lui a «raccomandare» il padre, facendogli ottenere un ruolo in Minimarket senza provino, là dove altri nomi (come Paola Tiziana Cruciani, Massimo Wertmüller, Francesco Pannofino, Massimo Ghini, Jonis Bashir, Enzo Paci, ma anche le cantanti Mietta e Alexia) lo hanno fatto. Non proprio tutti: «A Kevin Spacey non potevo certo chiedere un provino».
Non lo conosceva, se non come attore di film «memorabili, come I soliti sospetti, American Beauty, ma anche la serie House of Cards». Gli ha scritto una mail: «Mi piacerebbe averti per un piccolo cameo, noi giovani solo con l’appoggio di voi grandi riusciamo a fare delle cose». Spacey gli ha risposto, chiedendo informazioni sul progetto e da lì è partito un carteggio via mail, poi «una call con il manager e alla fine sono andato a conoscerlo a Rimini», dove Spacey ritirava un premio all’Italian Global Series Fest. Primo incontro in spiaggia: «Quando me lo sono trovato davanti mi è preso un colpo: “Porca miseria, è tutto vero”, mi sono detto. Spacey è arrivato in costume, camicia hawaiana e cappello, ogni tanto si girava urlando “Squalo!”». Soggezione ne aveva, ma non troppa: «La mia fortuna è essere cresciuto con Gigi Proietti e Antonello Falqui a cena a casa, non subisco il fascino del mito, so bene che i grandi non sono mai atteggioni».
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20 Novembre 2025
Da quell’incontro è nata «una vera amicizia, ci siamo trovati subito, Spacey ha voluto esserci in tutte e 10 le puntate e coprodurre la serie». L’attore due volte Premio Oscar si è messo in gioco vestendo, tra una battuta su Sinner e una su Liam Neeson, gli ironici panni del mentore immaginario di Manlio Viganò, interpretato dallo stesso Laganà. Un giovane sognatore che lavora in un minimarket («Sono ambienti familiari ormai, in cui facciamo l’ultimo acquisto, o ci facciamo recapitare un pacco») gestito dal suocero cingalese, ma aspira a diventare la star di un grande varietà. Cosa è piaciuto a Spacey del progetto? «Credo abbia apprezzato il suo ruolo di mentore che aiuta un sognatore, supportare i giovani è bellissimo ed è quello che nella realtà ha fatto lui con me. Continuiamo a sentirci ancora, tre volte al giorno. È fondamentale il suo supporto, anche nei suggerimenti, nel dirmi di non preoccuparmi perché andrà tutto bene». Il consiglio più importante: «Avere amici veri intorno, giocare, lasciare correre le cose, essere imprevedibile e mai scontato. Una sera a cena ha imitato Marlon Brando, mi ha ricordato le sere a casa con Proietti che prendeva la chitarra e improvvisava. Poi in Minimarket abbiamo cantato insieme I got you under my skin. Si è persino ricordato di farmi gli auguri di compleanno, con un video in cui era vestito come in Minimarket, insomma è nata una bella amicizia lavorativa, faremo altre cose insieme».
Laganà racconta del set e della «disponibilità unica» di Spacey: «Andava a prendersi da solo il cestino per mangiare, non voleva glielo portassero, veniva lui a salutarci in camerino, parlava con tutti, si cambiava con noi, insomma non avevamo davanti il divo, ma un attore che si metteva al nostro livello: una lezione di umiltà che porterò nel cuore». Suo padre Rodolfo ignorava che si sarebbe ritrovato sul set con Spacey: «È un ansioso e non gliel’ho detto, quando l’ha scoperto è rimasto scioccato, ma felicissimo». Quanto alle accuse di molestie e abusi partite nel 2017 a carico di Spacey, Laganà risponde secco: «Non mi sono mai posto il problema, è una cosa di cui non voglio parlare, non mi riguarda e non ho interesse nel giudicarla. Anche perché il mio giudizio sarebbe comunque positivo nei confronti della persona che ho conosciuto, un artista generoso che si è messo a nostra disposizione».
Chiude auspicando che il pubblico si riunisca di fronte alla serie diretta da Sergio Colabona per godere di «25 minuti a episodio di grande leggerezza in un momento in cui tutto il mondo si spara, noi spariamo solo ca**ate» e apprezzi la voglia di tornare, ricreandolo in scena, al «grande varietà di un tempo che sapeva riunire tutti davanti allo schermo».
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