L’avviso Ue: “Le stablecoin una minaccia per l’economia globale”

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L’allarme arriva dal cuore della finanza europea. Il Consiglio europeo per il rischio sistemico (European Systemic Risk Board, o ESRB) ha pubblicato oggi un rapporto in cui definisce le stablecoin, le criptovalute ancorate a valute o riserve, “una fonte crescente di rischio per la stabilità finanziaria dell’Unione”. Il documento, adottato dal board presieduto da Christine Lagarde, mette in guardia contro “le vulnerabilità derivanti dalle stablecoin emesse congiuntamente da entità dell’Ue e di Paesi terzi”, un modello che secondo l’istituzione “può amplificare le corse agli asset e i canali di contagio transfrontaliero”. È un avvertimento che non riguarda solo il mondo cripto, ma la tenuta dell’intero sistema finanziario europeo in un momento in cui le frontiere tra moneta pubblica e privata diventano sempre più labili.

Il rapporto, che aggiorna l’analisi condotta nel 2023, fotografa un mercato in piena espansione. Alla metà del 2025, la capitalizzazione globale delle stablecoin ha superato i 300 miliardi di dollari, pari al 7,5% del totale delle cripto-attività, più che raddoppiando in due anni. “Il mercato è dominato dalle stablecoin denominate in dollari, che rappresentano il 99% della capitalizzazione complessiva”, scrive l’ESRB. Questo sviluppo, si legge ancora, “è stato favorito da politiche statunitensi volte a rafforzare la domanda di titoli del Tesoro e a consolidare il ruolo internazionale del dollaro”. Una crescita che, per i regolatori europei, non è neutra: gli strumenti digitali legati alla valuta americana stanno penetrando anche nel sistema bancario dell’Unione, dove le riserve delle stablecoin vengono in parte depositate come liquidità.

Ma è il modello di emissione ibrido – quello che lega insieme operatori europei e non europei – a preoccupare di più. L’ESRB spiega che questi schemi “coinvolgono un’entità Ue e una di Paese terzo che emettono stablecoin fungibili e legalmente indistinguibili, con riserve distribuite tra diverse giurisdizioni”. In caso di stress, “una corsa al rimborso nei confronti dell’emittente extra-Ue potrebbe spingere i detentori a chiedere il riscatto presso l’emittente europeo, mettendone sotto pressione le riserve e amplificando il contagio all’interno del mercato dell’Unione”. Il regolamento MiCAR, entrato in vigore nel 2024, “non prevede esplicitamente questo modello di co-emissione”, creando una zona grigia che “aumenta la vulnerabilità dell’Ue di fronte a shock di fiducia”.

L’ESRB chiede alla Commissione europea di agire entro la fine del 2025 per chiarire che queste strutture non sono compatibili con l’attuale quadro normativo. “In assenza di tale chiarimento – avverte il board – le autorità competenti dovranno introdurre misure di salvaguardia per mitigare i rischi di stabilità finanziaria derivanti da tali schemi”, comprese “iniziative di cooperazione internazionale, rafforzamento della vigilanza e adeguamenti legislativi”. Le misure dovrebbero essere implementate entro la fine del 2026.

Il documento mette anche in luce una questione di sovranità monetaria. L’Europa resta marginale in un mercato dominato dal dollaro, con le stablecoin in euro che rappresentano appena l’1% del totale. “L’espansione delle stablecoin denominate in valute estere può minare la sovranità monetaria dell’Unione e gli obiettivi di integrazione finanziaria”, si legge nel rapporto, che invita a sviluppare alternative europee credibili. L’ESRB sottolinea inoltre che le riserve in valuta estera “sono per lo più investite in attività denominate in dollari, indebolendo gli obiettivi dell’Unione per un mercato dei capitali integrato e autonomo”.

Tra i casi citati figura Tether (USDT), la maggiore stablecoin mondiale, che rimane fuori dal perimetro MiCAR ma è ancora ampiamente utilizzata da investitori europei. “Tether continua a rappresentare un potenziale rischio per la stabilità finanziaria dell’Ue”, osserva il rapporto, “poiché le sue riserve comprendono in larga parte titoli del Tesoro Usa ma anche attività meno liquide e meno trasparenti”. Il board rileva che “il 90% delle riserve è detenuto in dollari statunitensi e strumenti del mercato monetario a breve termine”, ma sottolinea che “la mancanza di trasparenza sulle restanti componenti, come le esposizioni in asset digitali, può complicare la valutazione della solidità dell’emittente”.

In caso di crisi di fiducia o di “run” verso i rimborsi, la vendita improvvisa di tali titoli “potrebbe generare turbolenze sui mercati finanziari globali e, di riflesso, sull’Unione europea”. Nonostante il divieto di utilizzo di stablecoin non conformi sulle piattaforme regolamentate, l’ESRB osserva che “gli investitori europei continuano a detenere e a scambiare USDT attraverso piattaforme decentralizzate o soggetti esteri, spesso privi di licenza nell’Ue”. Da qui l’invito alle autorità a “fare pieno uso dei poteri di vigilanza previsti da MiCAR” e a “impedire che operatori autorizzati offrano servizi collegati a cripto-asset non conformi”.

Il rapporto sottolinea anche che le esenzioni, come la cosiddetta “reverse solicitation” – che consente a un investitore europeo di accedere a servizi di Paesi terzi su propria iniziativa – “devono essere interpretate in modo restrittivo”, per evitare che diventino un varco di elusione delle regole. “Un’applicazione rigorosa di MiCAR – avverte l’istituzione – è essenziale per contenere i rischi di stabilità finanziaria e assicurare condizioni di parità per gli operatori europei.”

L’impatto sul sistema bancario resta uno dei nodi più delicati. Secondo l’ESRB, “la rapida espansione delle stablecoin potrebbe incidere sulla capacità delle banche di sostenere l’economia reale”, poiché “i fondi convertiti in token digitali riducono i depositi tradizionali, costringendo gli istituti a ricorrere a fonti di finanziamento più costose e meno stabili”. Un fenomeno che, nel tempo, “potrebbe aumentare la vulnerabilità del settore bancario e amplificare gli effetti di eventuali crisi di fiducia”.

Accanto alle stablecoin, il rapporto analizza la crescita dei prodotti di investimento cripto, il cui valore è salito a 235 miliardi di dollari a luglio 2025. “Il mercato è altamente concentrato: i tre principali custodian gestiscono quasi il 40% del totale”, rileva l’ESRB. “Questa concentrazione accresce il rischio di contagio verso la finanza tradizionale, soprattutto considerando che la maggior parte degli emittenti opera fuori dall’Ue.”

Anche i multi-function groups, conglomerati che combinano emissione, scambio e custodia di asset digitali, rientrano tra le vulnerabilità individuate. “Molti di questi gruppi operano con strutture societarie opache e praticano arbitraggio regolamentare transfrontaliero, rendendo difficile una supervisione efficace”, afferma l’ESRB. Per ridurre il rischio macroprudenziale, l’istituzione raccomanda di introdurre “meccanismi formali di cooperazione tra autorità” e obblighi di reporting a livello di gruppo.

Sul piano delle soluzioni, l’ESRB invita a “favorire lo sviluppo di stablecoin denominate in euro, emesse da istituzioni regolamentate e pienamente conformi a MiCAR”, e a proseguire con il progetto del digital euro. “Strumenti pubblici sicuri e interoperabili”, osserva il documento, “possono soddisfare la domanda di pagamenti digitali riducendo al tempo stesso la dipendenza da valute straniere”.

Il rapporto si chiude con un messaggio politico e di principio. “La stabilità finanziaria è un bene pubblico”, si legge nelle conclusioni. “Una piena privatizzazione del denaro digitale, priva di supervisione, non serve l’interesse generale.” L’ESRB respinge così l’idea che l’Europa debba allentare la propria prudenza per competere con gli Stati Uniti. “L’Unione non deve scegliere tra innovazione e stabilità: può promuovere entrambe, ma solo all’interno di un quadro normativo coerente.”

Dietro il linguaggio misurato del board si intravede una posizione chiara: le stablecoin non sono più un fenomeno di nicchia, ma un pilastro del nuovo ecosistema finanziario globale. L’Europa, conclude il rapporto, non può restare spettatrice. “La crescita del mercato cripto e i suoi legami con la finanza tradizionale impongono vigilanza costante, cooperazione internazionale e una risposta politica decisa.” La prossima mossa spetta alla Commissione europea.

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