BERGAMO. In aula ascolta attento e in alcuni passaggi si lascia prendere dalla commozione. Sergio Ruocco è seduto in mezzo a Bruno e Maria Teresa, il padre e la madre della sua fidanzata Sharon Verzeni. È il giorno della discussione del processo a carico di Moussa Sangare, l’uomo accusato di avere ucciso la trentenne la notte del 30 luglio 2024 in strada a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo.
«La prova è estremamente solida e granitica e si compone per tutta una serie di intrecci che ci porta a escludere altra qualsiasi prospettazione», esordisce il pm Emanuele Marchisio. “Quando si tratta un omicidio – prosegue il magistrato inquirenti – si rimane sempre senza fiato e disorientati, ma in questo caso siamo di fronte a una morte assurda che non ha una possibile spiegazione. Ci troviamo davanti a una vita umana spezzata per un capriccio. Un capriccio dell’imputato che quella sera è uscito dal tugurio in cui abitava e ha pensato di vagare alla caccia di un bersaglio per poi di uccidere con cinque coltellate profonde e crudeli Sharon Verzeni. Verrebbe semplicemente da dire vergogna».
Con i giudici della corte di assise di Bergamo, presieduti dalla togata Patrizia Ingrascì, il rappresentante della procura di Bergamo ripercorre le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo. Quelle che in meno di un mese hanno portato al fermo del 31enne italiano con origini maliane. L’imputato borbotta e commenta l’intervento del pm.
Bergamo, omicidio Sharon Verzeni: il compagno Sergio Ruocco col padre della donna in tribunale
“Stai zitto”, dice con tono fermo il pm Marchisio prima che Sangare venga richiamato dalla presidente della corte di assise. Il pm rimarca la difficoltà di un’indagine che ha battuto tutte le piste investigative. Da quella del tentativo di rapina degenerato in aggressione mortale a quella sulla cerchia relazione. «Non è uscito nulla di nulla. Sharon Verzeni conduceva vita normale e ordinaria. Con il compagno Sergio Ruocco, con cui sarebbe convolata a nozze l’anno successivo, c’era rapporto amorevole, pulito e normale».
Omicidio Sharon Verzeni, la fuga in bici di Moussa Sangare dopo averla accoltellata

L’unico responsabile dell’omicidio del barista, che recentemente si era avvicinata alla chiesa di Scientology, – ad avviso della procura – è Sangare. «C’è lo dice lui perché lo sa, e lo sa fa perché l’ha fatto. Inoltre, solo l’autore dell’omicidio poteva sapere che la prima coltellata contro Sharon era ‘rimbalzata’. C’è poi il dna trovato sulla parte centrale dell’intelaiatura. Una traccia mista di Sangare e di Verzeni. Non si erano mai visti in vita loro prima di quella notte. C’è solo una spiegazione sulla presenza di quella traccia ed è quella che l’imputato abbia ammazzato la ragazza». Nulla vale il dietrofront alle dichiarazioni confessioni rese ai carabinieri, al pm e al giudice delle indagini preliminari.
«Il 18 marzo 2025 – sottolinea il pm – Sangare ritratta tutto, riavvolge il nastro e riparte dalla prima versione resa nelle testimonianze. Lo fa male perché non è in grado di riproporla. La cambia e si contraddice. In alcuni passaggi si sconfessa involontariamente. Come quando parla del coltello. Racconta la storia grottesca di averlo seppellito vicino all’Adda per averlo a portata di mano per il barbecue».
C’è poi l’analisi di oltre 14 mila ore di filmati di telecamere di sorveglianza pubbliche e private, tra Terno d’Isola e Chignolo d’Isola, in cui Sangare viene ripreso in bicicletta con lo zaino in spalla, un cappellino di lana in testa e gli occhiali di vista. Il pm valorizza anche le testimonianze di chi ha visto quella sera Sangare arrivare a Terno d’Isola. In particolare, la coppia di amici che si stavano allenando nello spiazzo davanti al cimitero che per primi, involontariamente, hanno messo gli investigatori dell’Arma sulle tracce di Sangare.
L’intervento del pm, dopo aver argomentato la sussistenza delle aggravanti della premeditazione, dei futili motivi e della minorata difesa, si è chiuso con la richiesta di condanna all’ergastolo.
«È una richiesta doverosa anche se presa non a cuor leggero. È l’unica pena giusta per quello che Sangare ha fatto. È la pena che dobbiamo alla memoria di Sharon che merita giustizia». La parola è passata poi all’avvocato di parte civile Luigi Scudieri, legale che assiste i genitori e due fratelli di Verzeni, e all’arringa del difensore di Sangare, Giacomo Maj. Sentenza a gennaio.
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