Prodi attacca Schlein: “A sinistra non vogliono vincere”. E lei non risponde

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Chissà se oggi Elly Schlein alzerà il telefono per farsi viva con Romano Prodi. Non lo ha fatto nei giorni scorsi, dopo le critiche sferzanti che lui ha rivolto da Lilli Gruber a un sinistra «che ha voltato le spalle all’Italia», e probabilmente il Prof di Bologna un cenno da parte sua se lo aspettava.

Ieri sera, ospite di nuovo in tv, a Circo Massimo sulla Nove, lui ci è tornato sopra, sostanzialmente per ribadirle: «A me preme che si crei una coalizione che vinca le elezioni, e non sembra che nessuno abbia voglia di vincere le elezioni», ha sospirato, un modo nemmeno criptico per dire che no, così non va. Ha un bel da rivendicare la segretaria il lavoro fatto in questi due anni e mezzo, i punti percentuali recuperati dal Pd da quando è stata eletta «perché siamo tornati in mezzo alla gente»: dallo studio di Massimo Giannini, Prodi scuote la testa e il suo giudizio è una rasoiata, «a me interessa il Pd, certo, ma soprattutto il governo. Il ragionamento della segretaria aiuta a crescere un’alternativa? No».

Non che sia una novità: è già un anno o più, calcolano ai vertici del Pd, che il professore di Bologna sprona, stimola, punzecchia. Con la libertà del padre nobile che può parlare senza filtri e senza cautele, anche se ogni sua dichiarazione ricade come un macigno su Largo del Nazareno. Dove però la segretaria non sembra minimamente scalfita: non risponde, non reagisce, prende consigli col contagocce e spesso non li segue. Non che ce l’abbia con Prodi, anzi, e come potrebbe una leader che alla politica si è affacciata con un movimento di protesta – OccupyPd – proprio in difesa dell’ex premier e contro i 101 che affossarono la sua corsa al Quirinale? Prova anche a tenere un filo di dialogo: al professore per esempio non è sfuggita la presenza della segretaria, un paio di settimane fa, a un convegno in Campidoglio in cui lui era invitato a parlare.

Lo ha interpretato come una gentilezza, per salutarlo e fermarsi a discutere. Solo che la sensazione è che i suggerimenti che le propone, pur accolti con larghi sorrisi e cordiali ringraziamenti, non vengano in realtà minimamente ascoltati. Per una specie di mostro sacro del centrosinistra, è un’esperienza nuova; per la segretaria, il suo modo di esercitare la leadership: ascolto, valuto, poi faccio di testa mia.

Ieri sera in tv Prodi ha insistito molto sulla necessità di un programma condiviso con la gente, «noi lavorammo mesi con migliaia di persone», ha ricordato l’esperienza dell’Ulivo. In privato, ha avuto modo di esporre a Schlein la sua idea: scegliere dieci parole chiave, «quelle di cui la gente discute a tavola», dalla scuola alla sanità al lavoro alla casa. Aprire una grande discussione in rete e poi, a valle di questo lavoro, un’agenda di incontri tematici, per ogni argomento individuare una città particolarmente simbolica in cui organizzare appuntamenti della segretaria e stare in mezzo alla gente. Lei lo ha ascoltato, grazie mille, ed è finita lì.

Ancora, l’altra parola d’ordine di Prodi in tv e in privato è «allargare»: mica solo nella coalizione come nell’interpretazione «testardamente unitaria» della segretaria, ma anche, soprattutto, dentro al partito, perché non basta «il 22 per cento per vincere, serve il 22 più il 22». E «finalmente si comincia ad avere un’articolazione nella discussione e nelle posizioni», dice l’ex premier riferendosi alla riunione «non grandiosa» dei riformisti dem a Milano, a cui non a caso il weekend scorso ha inviato un messaggio di saluto per interposta senatrice Sandra Zampa, la sua ex portavoce a Palazzo Chigi.

«Ma viene interpretato come se uno facesse l’opposizione, cosa vuole che faccia l’opposizione, io?», aggiunge Prodi toccando il punto dolente. Perché il fiorire di nuove correnti – i riformisti, certo, ma pure i sostenitori di Schlein che si vedranno a fine novembre a Montepulciano – non fanno che insospettire la leader: gli uni apertamente critici della sua linea considerata troppo a sinistra, gli altri teoricamente supporter, ma si sa, tra sostenere e tentare di condizionare ci passa un soffio. E che Prodi promuova le istanze dei riformisti, col peso della sua personalità, non fa che renderla ancora più diffidente.

In pubblico, Schlein non ha mai pronunciato una parola fuori posto sul fondatore dell’Ulivo. Ma quell’unica volta in cui ha sentito di dover rispondere, quando lui la rimproverò pubblicamente per essersi candidata alle Europee sapendo di non avere alcuna intenzione di andare a Bruxelles, rispose asciutta che «io Prodi lo ascolto sempre. Ciò non vuol dire che debba essere sempre d’accordo con lui, e credo sia meglio così rispetto ai tempi in cui tutti fingevano di ascoltare, per poi pugnalare alle spalle». Probabile che, nel chiuso del suo ufficio al Nazareno, abbia pensato la stessa cosa anche ieri sera, quando si è sentita ripetere via tv che «mi basterebbe che ci fosse la volontà di vincere». In fondo, la sua risposta più tranchant alle critiche, è quella che ha ripetuto spesso: «Se fosse andato tutto bene fino a qui, non avrebbero eletto me».

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