Quindicenne seviziato, gli amici: “Ti vendichiamo”. La mamma: “Fermatevi, basta violenza”

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«Questa situazione è estremamente difficile, sia per mio figlio sia per la nostra famiglia. Siamo consapevoli che ci vorrà tempo per un ritorno alla normalità, poiché le cicatrici che porta sono profonde e resteranno per la vita». Inizia così la lettera scritta dalla mamma del 15enne, rapito la notte di Halloween, minacciato e vessato da tre suoi coetanei, ora indagati per violenza privata e sequestro. «Mio figlio – scrive la donna – è il nostro leone: ha subìto l’impensabile, ma con tutto il nostro amore e la nostra pazienza lo aiuteremo ad affrontare questo percorso».

Trauma indelebile

Ieri mattina il giovane è stato sentito dalla procura dei Minori, ha raccontato di nuovo la sua versione dei fatti: le ore chiuso nel gabinetto, la testa e le sopracciglia rasate, il bagno del fiume. Poi, nel pomeriggio, era andato a Borgo Navile dove gli amici si erano dati appuntamento per una sorta di spedizione punitiva contro i tre “bulli”. «Sto benissimo – ha detto il giovane – Quei tre la pagheranno».

“Non è una bravata”

La famiglia si era chiusa nel silenzio. Oggi la madre nella lettera ringrazia i giovani che hanno espresso solidarietà al figlio ma chiede a tutti loro di non farsi giustizia da soli: «Voglio rivolgere un appello a tutti i ragazzi che ci stanno mostrando la loro vicinanza in questo momento di dolore, facendoci sentire quanto bene circonda mio figlio: vi chiedo di mantenere la calma e di non farvi giustizia da soli. L’odio e la violenza non portano a nulla; al contrario, la violenza chiama solo altra violenza. Mio figlio è vivo, e ringraziamo Dio per questo». Prosegue: «Ciò che hanno fatto a mio figlio non può essere minimizzato o definito una “bravata”, come si legge in alcuni commenti. Sapevano bene che mio figlio è un bel ragazzo e il loro gesto è stato un atto deliberato per fargli un torto, per ridurlo in questo stato. Ma mio figlio, per noi, resta un gran figo, oggi più che mai».

“Giustizia, non vendetta”

Il giovane soffre di un disturbo dell’attenzione. «Tengo a fare una precisazione fondamentale: chiunque abbia disturbi cognitivi o una disabilità grave, di qualunque grado, non deve mai sentirsi diverso o messo da parte – aggiunge la madre – Al contrario, dobbiamo impegnarci per la loro integrazione, per farli sentire importanti. Siamo tutti uguali». Conclude: «Vogliamo avere fiducia nella legge e siamo certi che i responsabili pagheranno con la giustizia, portando per sempre il peso e il rimorso di ciò che hanno commesso. Concludo con un messaggio chiaro: diciamo no al bullismo e no alla violenza, in ogni sua forma. Grazie».


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