Salvini: “L’Ucraina ha perso la guerra, basta armi a Kiev”

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ROMA. «La guerra è persa». Una frase così pesante Matteo Salvini non era mai arrivato a pronunciarla. Lo fa nel giorno in cui Volodymyr Zelensky è a Roma per incontrare prima il Papa e poi Giorgia Meloni. Difficile riuscire a sostenere che sia una coincidenza.

L’unica accortezza del vicepremier leghista è di attendere che il presidente ucraino sia ripartito in direzione Bruxelles. Ma quella frase è destinata a essere destabilizzante per gli equilibri di governo anche e soprattutto per il contesto in cui è inserita. Salvini usa parole così potenti, nette, urticanti, per spiegare di fronte alle telecamere di Rete4 che l’Italia non dovrà più spendere ulteriori soldi per inviare armi in Ucraina: «Questa guerra è già costata 300 miliardi di dollari e l’anno prossimo Trump ha già detto che non metterà più un soldo», argomenta Salvini. All’Europa, quindi, continuare a sostenere la resistenza ucraina «costerebbe 140 miliardi di euro. E io non tolgo soldi alla sanità italiana per far andare avanti una guerra che è persa».

La posizione del vicepremier leghista suona come un allarme nell’esecutivo. Entro la fine del mese va votato il decreto che autorizzerà il governo, per un altro anno, a inviare ulteriori pacchetti di armi a Kiev senza dover passare ogni volta dal Parlamento. E Meloni ha già rinviato una volta l’esame del decreto in Consiglio dei ministri, promettendo che verrà approvato entro fine mese. Ma se queste sono le premesse leghiste, così difficili da annacquare, tutto rischia di tornare in bilico.

Meloni chiede di tenere alta la pressione su Mosca e Salvini, poche ore più tardi, fa di tutto per mostrare, pubblicamente, come il piano del conflitto sia inclinato in favore di Mosca. «La Russia ha conquistato 700 chilometri quadrati di territorio solo nelle ultime settimane mentre Zelensky deve arruolare forzatamente giovani che poi scappano. Questa è la realtà dei fatti», dice Salvini. «La guerra sta andando in un certo modo, prima arriva la pace più vite si salvano. C’è un piano proposto da Trump: si confrontino Zelensky e Putin sui confini, su cosa concedere».

L’impressione – dice come tante altre volte in passato – è che «qualcuno in Europa, per salvare il suo posto, non abbia interesse a che la pace diventi concreta. E questo perché quel qualcuno sta fabbricando armi che poi vanno vendute». Voleva tenersi vago, ma poi fa i soliti nomi: «Qualche giorno fa Macron ha venduto 100 caccia bombardieri a Zelensky e quei 100 caccia servono se c’è una guerra, non se c’è la pace». Insomma, dice il leghista, «diamo credito a Trump in Ucraina, visto quel che è riuscito a fare per il Medio Oriente».

Nonostante Salvini frema per riaprire i canali con Mosca, il suo punto di riferimento principale resta ancora Donald Trump. Soprattutto in questi giorni in cui il presidente statunitense usa toni aspri contro l’Europa. «La sua critica – lo difende Salvini – immagino non sia ai cittadini italiani, tedeschi o spagnoli, ma ai vertici della burocrazia europea. E li contesto anche io da anni, senza aspettare Trump».

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